IL BANCO DI LETTURA estratto dal numero 29/2004 |
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da RUBRICHE - a cura di Roberto Curci
VISITATE QUESTA MOSTRA (L'ANNO PROSSIMO)
Ricordate i bei Natali di una volta? Arrivavano quasi di soppiatto ("ma come?, è già Natale?"), creando stupefazione, spiazzamento, gioiosa trepidazione infantile. Si faceva tutto di fretta, magari all'ultimo momento: i bigliettini d'auguri (regolarmente fuori tempo massimo), qualche nuova pallina per l'abete, qualche nuova statuina per il presepe al posto di quelle sbreccate. E poi i regali: oh, mamma mia, i regali da improvvisare, da raggranellare di gran carriera. Però non si diceva ancora: "Che stress". Si correva contenti e affannati, si comprava in letizia. E la sera della vigilia, miracolosamente, tutto era pronto.
E oggi? Beh, anche oggi tutto è pronto. Già da qualche mese, a dire il vero. In ottobre si sistemano i filari di luci lungo le vie cittadine, e la gente osserva stranita. In novembre le luci si accendono, ed è subito festa (per modo di dire). Dicembre poi, da bel principio, è interamente invaso, fagocitato, alluvionato dalle scadenze natalizie. San Nicolo fa ponte con Santa Lucia, poi ci sono i mercatini sparsi che invogliano alla zavorra degli acquisti preventivi, e poi e poi... Non si sa neppure come, Natale arriva, anzi passa, è passato. "Che stress". E che sollievo.
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Che c'entra, direte voi che state osservando perplessi la testatina della rubrica ("non si dovrebbe parlare di arte, qui dentro")? C'entra, c'entra. Per dire, con una metafora non peregrina, della nevrotica coazione di cui siamo ormai tutti prigionieri, della smania di fare fare fare, di fare presto-prestissimo, di fare prima, anzi meglio se ancor più-prima (ma prima di cosa, esattamente?). Dell'ansia generalizzata di non farsi trovare sguarniti, impreparati, sprovveduti: in pigiama e ciabatte, per così dire.
E dunque Natale comincia a ottobre (presto comincerà dopo Ferragosto), e le mostre d'arte cominciano almeno sette-otto mesi prima della loro inaugurazione. Nella primavera scorsa una manchette pubblicata in prima pagina dei maggiori quotidiani nazionali annunciava l'apertura nel ferrarese Palazzo dei Diamanti (dove intanto era in corso un'antologica di Robert Rauschenberg) di una mostra sans dire grande sul Cubismo, tra "rivoluzione e tradizione". Quando? Ma il 3 ottobre prossimo venturo, che domande! ("Informazioni e prevendita biglietti Cali Center Attività culturali, numero taldeitali"). Quale tempismo, quale lungimiranza.
In luglio un'intera pagina sui maggiori quotidiani nazionali prometteva: Jackson Pollock, Nicolo dell'Abate e Mario Schifano stanno per arrivare a Modena, in compagnia di altri prestigiosissimi artisti ("una buona occasione per visitare la città e le sue mostre"). Già. Ma quando? Beh, la mostra sull’«Action Painting. Arte americana 1940 - 1970» si aprirà il 28 novembre per durare fino al 6 marzo 2005, "Storie dipinte. Nicolo dell'Abate e la pittura del Cinquecento tra Modena e Parigi" si snoderà dal 20 marzo al 19 giugno (2005 ovviamente), "Pop Art Italia", con omaggi a Baj, Gnoli, Rotella, Schifano ecc., andrà - nientemeno - che dal 17 aprile al 10 luglio dell'anno prossimo. Con un sol colpo, e con i molti soldini necessari per l'acquisizione di un'intera pagina, lo sponsor - la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena - si è assicurata dunque una promozione a lunghissima gittata, con una traiettoria che va da luglio a luglio. Mica male. A patto che qualcuno ritagli la pagina e se la conservi a mo' di "memo".
Anton Van Dyck, I pittori Lucas e Cornelius de Wael (Roma, Galleria Capitolina) | ||
Ma il colpo da maestro lo fa - poteva essere diversamente? - Marco Goldin con la sua "Linea d'ombra". Molti molti molti mesi fa (confessiamolo: abbiamo perso il conto), come allegato ai più prestigiosi settimanali italiani, esce sotto cellophane un lussuoso fascicoletto intitolato, modestia a parte, "Una grande stagione in Italia. A Brescia e Torino la più bella pittura". Che ti fa Goldin? Snocciola per filo e per segno il suo pirotecnico programma di mostre, anzi il suo Grande Progetto intitolato cumulativamente "Brescia. Lo splendore dell'arte" e destinato a un fuoco artificiale di inaugurazioni multiple in data 22 ottobre 2004.
Vediamo nel dettaglio: "Monet, la Senna, le ninfee" al Museo di Santa Giulia, "Tiziano e la pittura del Cinquecento a Venezia. Capolavori dal Louvre" pure al suddetto Museo, "Gino Rossi" (come sopra), "Da Raffaello a Ceruti. Capolavori della pittura della collezione Tosio Martinengo" nell'omonima pinacoteca bresciana, "Da Rembrandt a Morandi. Capolavori dell'incisione dalla collezione Tosio Martinengo" (idem). Aggiungiamoci "Mafai" a Santa Giulia, ma dal 14 gennaio, e "Gli impressionisti e la neve. La Francia e l'Europa", alla Promotrice delle belle arti di Torino, dal 27 novembre, in callida sinergia con le Olimpiadi invernali (anch'esse di là da venire, ma non fa nulla).
Che dire? "La mente vacilla" come esclamava un certo eroe dei fumetti. Oppure, come faceva cantare Rossini: "Il cervello poverello / già stordito, sbalordito / non ragiona, si confonde, si riduce ad impazzar". Troppa crema, e troppo presto. Non pare proprio che passi gran differenza (psicologica) tra la nevrosi da Natale-imminente e la nevrosi da mostra da pre-pre-preannunciare, con tassativa indicazione del Cali Center grazie al quale infilarsi nell'ormai ineludibile lista d'attesa. (E poi, che siano davvero tutti "capolavori" quelli che andremo a vedere? Possibile che non ci sia mezza "crosta" in tutto questo ben-di-Dio?).
Il Perugino, Ritratto di Francesco delle Opere (Firenze, Galleria degli Uffizi) |
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Sia chiaro. Siamo da sempre supporter sfegatati della programmazione anche pluriennale, di una ricerca seria e minuziosa (a monte di ogni mostra) e di obiettivi espositivi ben inquadrati e mirati, nonché della promozione fatta per tempo, nel più capillare e scientifico dei modi. Ma qui qualcosa non quadra. Che senso ha, spiegateci, pubblicizzare nel luglio 2004 una mostra che si terrà nel luglio 2005, se non quello di sfoggiare un'immagine di Potere (anche finanziario) e di far rullare i tamburi e squillare le trombe come gratificazione autoreferenziale, o indirizzata ai soli "concorrenti" (parliamo degli sponsor economico-politici, non certo degli addetti ai lavori artistici, e men che meno delle folle di possibili fruitori di simili mega-iniziative)?
Quanto a Goldin, anzi a quello che - ormai e più che mai - è il Goldin-boy dell'attività espositiva nel Nord Italia, più che un tempestivissimo avviso ai suoi estimatori il fascicoletto di cui sopra sembra un segnale lanciato a quanti, nella Treviso già gremita di folle adoranti negli spazi minimi di Casa dei Carraresi, gli hanno infine - e nonostante tutto - dato il benservito. Guardate un po', sembra voler dire, che po' po' di cose ho messo su - altrove! - in quattro e quattr'otto. Non sapete che cosa vi siete persi, o forse lo sapete già. Peccato per voi, e tanto meglio per Brescia...
Ah, ridateci i Natali di una volta...
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Insomma, che l'arte e le attività espositive siano ormai (e soprattutto) un Grandissimo Business è perfino troppo chiaro, e ripeterlo suona banale. Del resto, nel 2004, il trend delle mega-mostre, che tanti (specialmente dopo l'11 settembre) ritenevano perdente per ragioni di costi ipermaggiorati, è cresciuto e cresciuto, tanto da dar ulteriore torto ai poverelli come il sottoscritto che prediligerebbero le mini-iniziative intelligenti e circoscritte e ai meno poverelli come Francis Haskill che, a sua volta, ha confidato a un giornalista: "Ormai amo solo le mostre piccole" e se l'è presa con il gigantismo che affligge l'odierna pratica espositiva, ritenendolo "il manifestarsi di una patologia grave, che maschera il vuoto di idee, la pretestuosità e l'approssimazione sotto le abbaglianti spoglie del 'colossal in cinemascope': grandi nomi (più o meno sempre quelli), promozione martellante, cataloghi mastodontici, pochissima sostanza". (Cfr. articolo apparso su "Repubblica" il 24 maggio scorso, a firma di Antonio Pinelli).
Gaspare Traversi, Tratenimento musicale (Napoli, Museo Capodimonte) |
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Sante, santissime parole. Sennonché, in quest'anno di grazia, sono state gratificate da lusinghieri pienoni proprio le super-mostre magari "firmate", come la lussuosa parata dei ritratti di Van Dick nel milanese Salone delle Cariatidi di Palazzo Reale, nell'impaginazione scenografica - amata e odiata dai visitatori - di Luca Ronconi. Sorprendentemente affollata anche la mostra, dedicata nella medesima sede, all'arte giapponese dell'Ukiyo-e: mostra di non facile lettura, da accostare e decifrare con grande attenzione.
Altri successi di pubblico per "Le corti del barocco" a Roma, con circa 1200 persone al giorno sospinte dai nomi venerabili di Velazquez, Bernini e Luca Giordano, per "L'età di Rubens" nel Palazzo Ducale di Genova e per il "confronto" nel fiorentino Palazzo Strozzi tra la personalità comunque avvincente e vincente di Sandro Botticelli e quella più umbratile di Filippino Lippi.
E se Haskill, provocatoriamente, sosteneva che la miglior mostra realizzata in Italia quest'anno - nella stessa Firenze - era quella formato bonsai dedicata al banchiere Bindo Altoviti, "tra Raffaello e Cellini" (ma analoghi cenni di apprezzamento vanno a certe rassegne dedicate ad artisti apparentemente "minori" da città defilate come Empoli, Foligno, Macerata, Gualdo Tadino: sintomo, forse, di una confortante controtendenza maturata nel Centro Italia), è pur vero che nei loro "pacchetti" i tour-operator continuano a inserire doverose camminate di comitive più o meno distratte lungo le sale dei Siti Deputati: Palazzo Reale a Milano, appunto, o Palazzo dei Diamanti, o il Complesso del Vittoriano (una poco convincente mostra su Paul Klee), o - soprattutto - l'"attrazione" del MART di Rovereto (un'illuminante mostra su Medardo Rosso).
Vogliamo chiudere con una personale "pagella", fatta - per carità! - solo di voti buoni o discreti? Massi, facciamolo. E diciamo, allora, che - pur trovando il Perugino lezioso e troppo perfettino: insomma troppo "divin pittore", come voleva il titolo della mostra - abbiamo apprezzato l'impostazione complessiva delle iniziative sul pittore rinascimentale proposte, in cooperazione, da Perugia, Città della Pieve, Deruta e Corciano; non tanto, ripetiamo, per lo spessore dell'artista, quanto per il reticolo cultural-turistico che il progetto prevedeva, includente scorribande-scoperte in cittadine miracolose come Panicale, Montefalco, Trevi, Spello... Progetto premiato da un consenso di visitatori che ha fatto prolungare le mostre di alcuni mesi.
Assai stimolante, poi, la rassegna (che da Stoccarda è andata a Castel Sant'Elmo di Napoli, città natale dell'artista, e quindi al Palazzo della Piletta di Parma) dedicata a uno dei più geniali e dimenticati artisti del Settecento, ritrattista e pittore "di costume" impareggiabile: Gaspare Traversi.
Per un tocco di contemporaneità, infine, deliziosa nella sua conclamata "scandalosità" la mostra di Carol Rama, nel torinese palazzo della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (e poi itinerante: a Rovereto, a Newcastle): un coacervo di inconfessabili desideri e pulsioni espressionisticamente proiettati sulla carta o sulla tela, in misura e con soluzioni di totale spudoratezza, di efferata e divertita rappresentazione del proprio Io più segreto, tanto più spiazzante quanto più si rifletta sull'immagine della Rama, oggi. Una (apparentemente) quieta nonnina di 86 anni, con i capelli grigi intrecciati attorno al capo come una coroncina di nodi irrisolti: assai simile a una Ivy Compton-Burnett, nell'aplomb pieno di rispettabilità e nella perfidia (qui figurativa, lì letteraria) che ribolle sotto, e inesorabilmente tracima.